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L’intervista Gianpiero Samorì
«Io avvocato guiderò la rivoluzione dei moderati»
Il leader del «Mir»: «Convention a Roma a novembre, siamo già 42mila»
Stefano Zurlo Milano Ha fatto tante cose ma la lista non è
ancora
completa. E così a 55 anni Gianpiero Samorì, avvocato e imprenditore
di successo, tenta il grande salto. Dalla poltrona di una rocca
medioevale di Modena dove dirige il suo piccolo grande impero- con
interessi nell’editoria, nelle
assicurazioni, nell’immobiliare,nelle banche-alla politica. Insomma,
dalla provincia alla ribalta nazionale, dopo una vita appartata anche se
non nelle retrovie, complice forse un granello di sana follia emiliana,
come il don Camillo di Guareschi, quel mix di concretezza e
visionarietà capace di sparigliare o comunque di uscire dal solito
teatrino. Con questo bagaglio,
solido e fragile, Samorì allenta il guinzaglio corto della sua città e
parte verso il recinto già affollato dei moderati, in cui già si
aggirano, stracarichi di ambizioni, i Passera, i Montezemolo, i Casini, e
via aggiungendo. Avvocato, che cosa ha in mente?
«Io il mio movimento l’ho già fondato».
Ci scusi, ma non ce ne eravamo accorti.
«Infatti lo lancerò il 10 novembre con una grande convention a Roma. Però è già una realtà». Un attimo. Il nome?
«Mir».
Mir?
«Moderati italiani in rivoluzione».
I moderati col pugno chiuso e la bandiera rossa? Non è una contraddizione?
«No, non mi fraintenda. Siamo moderati moderati».
Siamo chi?
«Il Mir ha già 20 sedi in tutte le regioni italiane e vanta 42 mila iscritti».
Quarantaduemila? Siete clandestini?
«Lei ironizza, ma dalle mia parti, fra Modena e Bologna, le persone
che mi apprezzano sono molte migliaia. E ci sono tanti consiglieri
comunali, provinciali e regionali, del Pdl ma non solo, che sono con
me. Pronti a buttarsi nella mischia». Avvocato, non è che millanta?
«Per niente. Certo, adesso c’è il problema di farci conoscere in tutta Italia. Non sarà facile ma ci proveremo». Ma nell’Italia in cui pullulano le nuove formazioni politiche c’era bisogno anche della sua discesa in campo?
«Anch’io ho le mie ambizioni. La mia non è una passeggiata
folkloristica di chi ha avuto già tutto e si annoia. No, qua bisogna
dare una scossa, e che scossa, allo Stato. Uno Stato che non funziona
e non alimenta la crescita». Anche Monti predica la crescita .
Monti fa una politica recessiva che spegne i consumi delle famiglie».
Lei che cosa propone?
«Si riparte se si mettono i soldi».
Appunto, non ci sono. Quindi?
«Una strada c’è.Dobbiamo spianare o almeno ridurre in pochi mesi quella montagna che ci toglie la visuale chiamata debito pubblico».
Sì, ma come fare?
«Ho una mia lunga spending review che ci potrebbe fruttare, con alcuni interventi legislativi, almeno mille miliardi». Addirittura?
«Le faccio un esempio.La Banca d’Italia dispone di 250 miliardi di euro
di riserve disponibili. E di queste 125 miliardi, dico miliardi,
sono allocati a garanzia dei fondi pensionistici integrativi dei
dipendenti. Perché questa ingente riserva non dev’essere messa a
disposizione della comunità in un momento drammatico?». Ma lei è più rivoluzionario o più moderato? «Moderato. Ho imparato dal Cavaliere. Ora voglio provarci io».
Proposta
Ho studiato una spending review da mille miliardi